Mis(S)conosciute - la newsletter #35: violenza di genere, Sara Sorrentino, Dolores Prato e Angela Davis
Scrittrici (e altre cose) tra parentesi
La sera dell’1 gennaio 2024 Rosa D'Ascenzo, 71 anni, è stata trasportata in auto all'ospedale di Civita Castellana, in provincia di Viterbo, dal marito Giulio Camilli, 74enne. Camilli aveva riferito al personale sanitario che la donna "era caduta dalle scale" in seguito a un malore. I medici non avevano potuto fare altro che constatare l'avvenuto decesso della donna, rilevando però l’incompatibilità delle ferite riportate (in particolare alla testa, ed ecchimosi a ridosso delle mani, delle gambe, al tronco e agli arti superiori, con segni addirittura riconducibili a morsi umani) con il racconto del marito. I due vivevano in un casolare isolato nelle campagne di Sant’Oreste, in provincia di Roma. Pare che lui le vietasse di uscire di casa.
Non è l’unico agghiacciante fatto di cronaca di questa manciata di giorni di gennaio. Due donne di origine romena sono state uccise in provincia di Agrigento, pare per aver rifiutato le avances sessuali di un connazionale. Nel bergamasco un uomo di 35 anni ha inferto 62 coltellate alla compagna, che per fortuna non sarebbe in pericolo di vita. Ieri un 46enne della provincia di Caltanissetta si è presentato ai Carabinieri convinto di aver ucciso la moglie (che invece è ancora viva).
Quante storie tutte uguali, eppure così diverse. E altrettante ne potremmo raccontare. C’è M. che si è sposata a 16 anni e col suo carnefice ha fatto tre figli; adesso ha quarant’anni e tanta voglia di rinascere. N. che ha avuto la forza di lasciare il marito in Ucraina perché non la trattava come avrebbe voluto, e giunta in Italia è stata costretta a fare la serva del nuovo compagno. R. che andava a lavorare in fabbrica per 8 ore con gli auricolari perché lui doveva sapere sempre, sempre dov’era.
Con queste (e altre) donne speciali, in collaborazione col Centro Antiviolenza “Donne Insieme” di Arzano, stiamo conducendo un laboratorio di scrittura di cui speriamo presto di presentarvi i frutti. A poco a poco hanno cercato e trovato le parole per raccontarsi, per sviscerare le proprie storie di dolore, sofferenza e liberazione e per capire che a essere sbagliate non erano e non sono loro, ma l’intero sistema culturale e sociale che permette ancora a determinati meccanismi di abusi di ripetersi e verificarsi.
Un sistema che però, al momento, non accenna a cambiare, né in Italia né altrove. (Nonostante gli sforzi, tra le altre, della protagonista della bio(S)conosciuta di questo mese: Angela Davis).
20 gennaio [DAL VIVO] - ORE 10:30 ARZANO (NA)
Il convegno del Centro Antiviolenza Donne Insieme "Narrarsi per riconoscersi" in cui parleremo di strategie di contrasto alla violenza di genere e presenteremo il lavoro di queste settimane con le partecipanti al corso di scrittura!
Uno spazio in cui una scrittrice ospite consiglia ai lettori di #missconosciute un’autrice da leggere: la sua autrice preferita, una scrittrice troppo poco nota, poco pubblicata, un libro poco conosciuto di un’autrice famosa o la scrittrice che secondo lei tutti dovrebbero leggere.
SARA SORRENTINO LEGGE DOLORES PRATO
Sara Sorrentino (Genova, 1990) dopo aver conseguito il dottorato in Storia della lingua italiana svolge attività di ricerca presso l’Università di Genova. Ha pubblicato vari contributi su rivista e recentemente la monografia La letteratura minuscola: le autobiografie semicolte nel panorama editoriale italiano (Pacini, 2023): uno studio che analizza le autobiografie scritte in un italiano irregolare e marginale eletto a strumento espressivo e arriva a sondare l’esistenza di una letteratura minuscola che ha costituito un fenomeno editorialmente rilevante e antropologicamente significativo nel panorama culturale italiano.
Dolores Prato nasce a Roma il 10 aprile 1892 da padre ignoto e da Maria Prato, all’epoca già vedova. Sin da piccola, è affidata allo zio prete Zizì, di lì a poco migrante a Buenos Aires, e alla zia nubile Paolina; prima è istruita nelle scuole comunali del paese e poi è educanda presso il collegio del monastero di Santa Chiara, a Treia, in provincia di Macerata, nelle Marche. Dopo la laurea a Roma, nel 1918, lavora come professoressa a Milano, in Toscana e nelle Marche dove, per la sua avversione al regime fascista, perde il ruolo. Finita la guerra torna all’insegnamento e collabora, al contempo, con alcune testate giornalistiche. È solo nel 1980, a 87 anni, che il nome di Dolores Prato entra nel panorama editoriale italiano grazie alla pubblicazione, per Einaudi, nella collana Supercoralli, del romanzo dell’infanzia Giù la piazza non c’è nessuno, in una versione tagliata e ricomposta da Natalia Ginzburg. Mentre pensa a come dare alle stampe la versione integrale di questo libro, avvia la composizione del lavoro sul periodo in collegio ma, nel maggio del 1982, è interrotta da problemi di salute. Muore ad Anzio presso una clinica a lunga degenza il 13 luglio 1983.
Dolores Prato ha scritto pagine che custodiscono le diverse fasi di una vita sbilenca, raccontata con parole materiche, riflesso e specchio delle condizioni dello spirito. Tutte le sue opere sperimentano le multiformi strutture della narrazione, disattendono i precetti retorici e formali, hanno il chiaro intento di rievocare le sensazioni del corpo e gli stati dello spirito; lo si capisce fin dall’inizio di Giù la piazza non c’è nessuno:
Sono nata sotto un tavolino. Mi ci ero nascosta perché il portone aveva sbattuto, dunque lo zio rientrava. Lo zio aveva detto: «Rimandala a sua madre, non vedi che ci muore in casa?». Ambiente non c’era intorno, visi neppure, solo quella voce. Madre, muore, nessun significato, ma rimandala sì, rimandala voleva dire mettila fuori dalla porta. Rimandala voleva dire mettermi fuori dal portone e richiuderlo. […] Sedevo sui mattoni. Molliche induriTe mi si conficcavano nella pelle come sassolini. Quel primo pezzetto di mondo immagazzinato dalla mia memoria lo vedo come adesso vedo la mia mano che scrive.
La casa editrice maceratese Quodlibet ha il grande merito di portare avanti la pubblicazione delle opere della scrittrice che sono tutte da leggere: Scottature (1996), Giù la piazza non c’è nessuno (versione integrale, 2009), Sogni (2010), Roma, non altro (2022) e, nel 2023, Educandato; quest’ultimo, grazie all’ottimo lavoro filologico sugli originali e di curatela di
Elena Frontaloni, ci restituisce una prosa vicina all’oralità per immediatezza e visionarietà che gode però dei vantaggi dello scritto: possiamo leggerla e rileggerla e difficilmente ce ne dimenticheremo.
Altre parentesi da cancellare
Ci sono due nomi di autrici che vorrei fossero liberati dalle parentesi: il primo è Marina Jarre, (Riga, 21 agosto 1925 – Torino, 3 luglio 2016), autrice tra gli altri di un romanzo meraviglioso intitolato Negli occhi di una ragazza: un racconto di formazione antiretorico, vivido e straniante. Le sue opere sono tornate in libreria grazie a Bompiani e alla curatela di Marta Barone. Il secondo nome, Lilith, è uno pseudonimo che nasconde il nome di una donna, nata e cresciuta in Bangladesh, da oltre vent’anni emigrata in Italia. La sua autobiografia, Le femmine e i cani non possono entrare è il testo finalista del concorso DiMMi 2022 (Diari Multimediali Migranti) ed è pubblicata da Terre di mezzo: un racconto di sopravvivenza alla violenza di genere subita sin dall’infanzia, una testimonianza dolorosa di conquista della libertà.
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