Mis(S)conosciute - La newsletter #42 - Shireen Abu Akleh, Carla Lonzi
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ph. Jacopo Lorenzo Emiliani
Siete tornat* dalle ferie? Noi quasi. Con qualche difficoltà stiamo cercando di riprendere i ritmi consueti, rintontite dall’ennesima lunga estate caldissima che non fa che rinnovare le nostre ecoansie, e da mille sollecitazioni da cui, anche immotivatamente, ci sentiamo tirare per la giacchetta, come a dover dire per forza qualcosa, a dover fare per forza qualcosa, a doverci, insomma, posizionare per forza nell’ennesimo acritico dibattito dove è - per forza - tutto bianco o tutto nero, perché anche quest’anno il grigio sui social non va tanto di moda (Chiara Ferragni docet).
Ma saltando di palo in frasca, ovvero di video di scuse piagnoni in video di scuse piagnoni, se non siete vissut* su Marte (nel qual caso, beat* voi!) saprete che da un paio di settimane a questa parte è uno e uno solo l’argomento che fagocita interi blocchi di tiggì - e purtroppo, non si tratta delle Paralimpiadi. Nostro malgrado, stiamo assistendo a una sorta di via di mezzo tra una The good wife di bassa, bassissima lega e Temptation Island, che però non si tiene a Santa Margherita di Pula (dove, scopriamo ora, Temptation Island è girato - pensavamo a una location più esotica, ma ci confondevamo evidentemente con l’Isola dei Famosi), bensì in gran parte alla sede del ministero della Cultura in via del Collegio Romano, curiosamente a due passi dalla buonanima di palazzo Grazioli (buonanima l’inquilino, non il palazzo, che è tuttora in ottime condizioni).
Tralasciando la miseria umana del dimissionario ministro, che neppure stavolta fa fare bella figura alla sua categoria (sia quella degli uomini, o dei giornalisti o dei politici), in questo marasma di gossip e crisi di governo si staglia maestosa la figura di Maria Rosaria Boccia, una che di mestiere fa la socialite, direbbero negli USA, e ha evidentemente scelto il nome della sua società (FashionWeekMilanoModa) in ottica SEO.
Due parole su di lei. Non la difenderemo, perché ha dimostrato di sapersi difendere benissimo da sola, e neppure la attaccheremo per aver sfruttato a suo vantaggio le storture di un sistema patriarcale. Solo diremo: non facciamone un’icona. Per favore. Non facciamo un’icona di una donna che a. ha usato tutti i mezzi leciti e anche un po’ meno leciti a sua disposizione per entrare nei palazzi del potere b. ha iniziato a battere i piedi contro il sistema solo quando ne è stata esclusa c. ha fatto tutto sempre, solo ed esclusivamente per suo tornaconto personale.
Non c’è niente di femminista in tutto questo. C’è, invece, tutto di maschilista nel fiume di melma che le stanno riversando addosso, fiume di melma alla quale non è estranea la nostra premier, che pure Boccia asserisce di aver votato. La nostra premier, che si vanta di aver infranto il “soffitto di cristallo” della politica italiana, però solo per sé, ricomponendolo prontamente alle sue spalle.
A tal proposito, se volete allontanarvi dalla contingenza e piuttosto approfondire perché non sempre la vittoria di “una donna” è una vittoria femminista, è da poco uscito per Donzelli un breve saggio di Giorgia Serughetti dal titolo Potere di altro genere, che anche attraverso esempi precedenti a Meloni (Thatcher, Merkel, anyone?) illustra il rapporto tra femminismi e potere e dimostra che la battaglia femminista non può non avere una dimensione collettiva, pena la reiterazione dei modelli “maschili” e tradizionali. Oppure, per dirla in altre parole: il femminismo, senza lotta di classe, è pinkwashing. E basta.
Sabato 14 settembre 2024 ore 18:00 - casina A pennino - Scritture Reggiane [Bergogno, borgo medievale (RE)]
Siamo onorate di prendere parte alla prima edizione del festival Casina A pennino - Scritture Reggiane, diretto da Damiano Pignedoli e dedicato all’arte dello Scrivere. Il pomeriggio di sabato 14 settembre parteciperemo al talk Con sommo Audio. La scrittura per podcast tra inchiesta, narrazione e vita insieme a Enrico Bergianti e Francesca Zanni, con la moderazione del giornalista Adriano Arati. Vi aspettiamo!
Domenica 29 settembre 2024 ore 11:30 e ore 13:00 - Festival Contemporanea [Palazzo Ferrero - BIELLA]
L’ultimo weekend di settembre si tiene a Biella il festival ContemporaneA. Parole e storie di donne 2024: VOCE IN CAPITOLO. Domenica 29 settembre parteciperemo con un doppio appuntamento! Al mattino, alle 11:30 racconteremo le molte sfaccettature del progetto Mis(S)conosciute e alle 13:00 si terrà il Pranzo con la scrittrice che dedicheremo alla scrittrice e partigiana Giovanna Zangrandi.
Giovedì 3 ottobre 2024 ore 19:00 - Libreria Alaska [MILANO]
La sera di giovedì 3 ottobre saremo a Milano da Libreria Alaska per presentare il podcast Gagliarda Potenza: vita e opere straordinarie di Goliarda Sapienza. Presto maggiori dettagli!
Sabato 5 ottobre 2024 ore 17:30 - Campania Libri Festival [Palazzo Reale - NAPOLI]
Torniamo con gioia a Palazzo Reale, stavolta alla fiera dell’editoria di Napoli, sempre per presentare il podcast Gagliarda Potenza: vita e opere straordinarie di Goliarda Sapienza! Vi aspettiamo.
Focus Palestina è una rubrica dedicata ad approfondimenti sulla Palestina.
INTERMEZZI PALESTINESI di Federica Marri
Intermezzi Palestinesi, una rubrica curata da Federica Marri: condividiamo le sue cronache dai Territori palestinesi occupati, quei fatti grandi e piccoli che inframezzano la sua vita e, di rimando, quella di chi le presta ascolto. Un nuovo spazio della newsletter Mis(S)conosciute - Scrittrici (e altre cose) tra parentesi, pensato per allargare la partecipazione ad una riflessione collettiva approfondita e urgente.
SHIREEN ABU AKLEH: IN/FORMARSI PER RESISTERE
Una breve premessa
Durante le precedenti settimane, insieme a Silvia, Maria Lucia e Giulia, abbiamo cercato di comunicare la Palestina attraverso le cose del quotidiano: nei primi articoli abbiamo raccontato dei problemi che possono insorgere anche solo per fare la spesa, organizzare le lavatrici, leggere e ascoltare le notizie, e nei prossimi articoli parleremo di pratiche burocratiche come il rinnovo dei documenti e andare a votare.
Tutte attività che ognun* di noi svolge e quindi perfette per immedesimarsi con la vita di ogni palestinese e prendere dimestichezza con la pervasiva violenza coloniale dell’occupazione militare israeliana.
In questo articolo, torno sul ruolo dell’informazione mediatica di massa che ha il potere di entrare nelle case e quindi di fare la differenza. Spesso, però, l’ago della bilancia dell’opinione pubblica sostenuta dai media pende verso le decisioni prese dai governi, che a quanto pare nell’epoca che stiamo vivendo hanno deciso per la guerra.
La guerra è già in Europa, in Italia – e non solo per la Russia e l’Ucraina: è la guerra che spinge migliaia di persone a intraprendere viaggi pericolosissimi per arrivare in Europa, correndo rischi altissimi pur di scappare da guerre, miseria e territori talmente sfruttati da non offrire più alcuna possibilità di vivere. È ciò che sta accadendo nella striscia di Gaza e in Cisgiordania. Persone che spersonalizziamo già solo apostrofandoli come ‘migranti’. Quindi la questione dell’informazione ci interessa personalmente, direttamente. Esistono collegamenti importanti tra il modo di comunicare dei media e le scelte e decisioni che prendiamo come cittadin*, a livello globale e su più piani interdipendenti fra loro.
A seconda di come ci vengono comunicati i fatti, le persone in essi coinvolte e i contesti geografico-culturali nei quali accadono, ci in/formiamo e scegliamo se e come agire gli strumenti legali e democratici a nostra disposizione. Essere in/formati permette a* cittadin* di fare pressione democratica su chi governa per rispettare la Costituzione, le convenzioni firmate dall’Italia con l’Unione Europea e le leggi internazionali in materia di diritti umani e civili, di guerre, di armi.
Un’informazione multi-mediatica di massa, soprattutto quella del servizio pubblico, dovrebbe essere sempre approfondita e costruita con un registro linguistico-lessicale chiaro, esplicativo, capace di sviscerare le tematiche affrontate e di incalzare, disturbare e scuotere i poteri forti e gli interessi particolari. L’importanza del servizio pubblico è nodale perché noi, capricciosa, caleidoscopica ed esigente opinione pubblica, possiamo non andare a cercarci le notizie: è una ricerca che richiede strumenti, tempo, interesse personale, energie.
Torniamo alla Palestina, al centro delle riflessioni che sviluppiamo in questo spazio.
Al momento, la comunicazione mediatica di massa, inclusa quella pubblica, rivolge lo sguardo in direzione della Palestina solo quando ci sono fatti sanguinosi che vengono spettacolarizzati per assecondare, così dicono, un’opinione pubblica distratta, superficiale, disinteressata, che non legge e talmente tollerante e anestetizzata dalla violenza da dover ogni volta alzare i parametri di esposizione a immagini, parole e toni volgari e imbarazzanti oltre misura. A me pare un cane che si morde la coda questo luogo comune che scarica sull’opinione pubblica tutta la responsabilità di come vengono comunicate le notizie.
In questo articolo, per parlare di tutto questo, partiamo da Shireen Abu Akleh.
Giornalista di grande spessore, per anni corrispondente di Al Jazeera dai territori occupati, parlare di Shireen Abu Akleh significa valorizzare chi opera nella comunicazione con onestà intellettuale, assumendosi la propria responsabilità. Questo era lo stile professionale, culturale e umano di Shireen Abu Akleh che per oltre venti anni ha raccontato la Palestina principalmente – ma non solo – dal campo profughi di Jenin. La Cisgiordania la celebra ovunque e le tributa stima e riconoscimento attraverso opere artistiche pubbliche che si trovano sui muri, in targhe commemorative, nella toponomastica, nelle piazze.
Raccogliendo la sua eredità, mentre tutta la stampa che conta guarda in un sola angusta direzione, noi qui allarghiamo e raffiniamo lo sguardo partendo dai campi profughi della Cisgiordania che, incredibilmente, la stampa della comunicazione di massa – servizio pubblico incluso – non racconta.
Ancora una volta un grazie enorme perché tutto ciò che è scritto rimane e vive grazie a noi che leggiamo, grazie a voi; ritrovarci in questo spazio ci fa sentire meno sol* e nutre.
Gli altri articoli di Intermezzi Palestinesi:
Focus Palestina - Oriental Book Club
Gli approfondimenti dedicati alla letteratura palestinese in cui con le autrici e curatrici del progetto divulgativo Oriental Book Club raccontiamo ogni mese una scrittrice palestinese da scoprire.
Le autrici raccontate finora sono:
Oriental Book Club è un podcast e un progetto di divulgazione letteraria indipendente pensato e scritto da Giulia&Frida. Si occupa di libri dal Mediterraneo, dal mondo arabo e persiano e dall’Asia.
Roma, interno giorno
Una donna di 49 anni e un uomo di 60 anni sono seduti in un salotto illuminato dalla luce di mezzogiorno di un 25 aprile romano. Nel giorno della liberazione, discutono delle loro personali e individuali necessarie libertà, all’interno del vincolo di una relazione sentimentale duratura. Lui è un artista, e quindi svolge un lavoro legato a doppio filo alla creazione e alla formalizzazione del pensiero, lei una critica d’arte dunque fortemente implicata nella sfera lavorativa di lui. Si conoscono e iniziano a frequentarsi 20 anni prima: un rapporto lungo, duraturo e probabilmente sincero nonostante le innumerevoli crisi, tensioni e incomprensioni che, superficialmente, potremmo considerare “naturali” tra uomo e donna. Ma lo sono davvero, naturali? Il fulcro della discussione, stavolta, è la crisi lavorativa di lui: ha bisogno di stimoli per andare avanti e, a suo avviso, lei non riesce più a darglieli. Lei, dal canto suo, si sente incompresa, spiega con fiumi di parole le ragioni delle sue inquietudini e difficoltà che scaturiscono inevitabilmente dal suo essere “la donna” della coppia, quindi colei che dovrebbe, tradizionalmente, sostenere, supportare e sopportare il suo uomo: un ruolo “materno” che però le calza stretto. Tutto il dialogo nasce in fondo da questo: lei chiede a lui che riconosca il suo ruolo nel processo creativo, che non è solo di specchiamento. Alla fine la partita è quasi tutta intellettuale. Il problema che lei pone non è quello del lavoro domestico non riconosciuto ma della negazione della soggettività intellettuale della donna che a cascata la esclude da tutto il resto della vita come soggetto attivo e creatore. Lavoro domestico, affettivo, riproduttivo: lei in qualche modo rivendica che a monte di tutto questa venga riconosciuta la soggettività della donna. Anche lei ha bisogno di un compagno che la riconosca, sostenga, valorizzi, sopporti e supporti nei momenti quotidiani come in quelli di crisi. Il dialogo va avanti per giorni, ma nulla, un muro inscalfibile si erge tra di loro e rende quasi vano il dialogo. Più volte lui le dice, semplicemente: “Non ti capisco”.
Quante volte ci siamo trovate in situazioni simili? È uno scontro tra due culture: tra l’uomo e la donna, in quella stanza, c’è però un terzo elemento, quasi un giudice silenzioso. Un registratore. I due stanno registrando le loro conversazioni perché, quante volte, durante confronti e litigi poi, a posteriori, si dimenticano le parole esatte pronunciate? Eppure ogni confronto, dialogo più o meno acceso è un processo e porta a dei cambiamenti, consci o inconsci, in ognuna delle parti in causa, per cui considerare le parole usate è utile. E utili, quelle registrazioni, lo sono state davvero: il risultato è un libro di un centinaio di pagine. Si intitola “Vai Pure” e l’autrice è Carla Lonzi, in conversazione con il compagno Pietro Consagra.
“Vai pure” è la registrazione in quattro giornate del momento di riepilogo di una relazione sui punti inconciliabili di due individui che sono due culture: quella della donna che cerca di porre le basi per il suo riconoscimento, quella dell'uomo che si richiama alle necessità di "ciò che è" che sono le sue necessità.
Questo dialogo non è stato alterato dalla presenza di un possibile futuro lettore perché non è stato registrato per essere pubblicato, ma si è rivelato da pubblicare. Un gesto di intervento che rompe l'omertà del rapporto a due.”
𝐂𝐚𝐫𝐥𝐚 𝐋𝐨𝐧𝐳𝐢, 𝐟𝐞𝐦𝐦𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢𝐜𝐚𝐭𝐚?
“Nella cocente realtà di un universo che non ha mai svelato i suoi segreti, noi togliamo molto del credito dato agli accanimenti della cultura.”
“Vogliamo essere all'altezza di un universo senza risposte.”
“Il destino imprevisto del mondo sta nel ricominciare il cammino per percorrerlo con la donna come soggetto.”
MANIFESTO DI RIVOLTA FEMMINILE
Il 6 marzo 1931 nasce a Firenze la figura più importante del femminismo italiano, Carla Lonzi. Storica e critica dell'arte, saggista, scrittrice e poeta, tra le pensatrici più eretiche del Novecento, Lonzi propugna un pensiero femminista unico nel suo genere, imperniato sulla differenza e profondamente ostile all'idea, riduttiva e servile, dell'uguaglianza tra i sessi. Una femminista scomoda, poco incline al compromesso, dal pensiero complesso, forse poco adatto alla narrazione contemporanea.
“Nulla o male è stato tramandato della presenza della donna: sta a noi riscoprirla per sapere la verità”
MANIFESTO DI RIVOLTA FEMMINILE
Prima di cinque figli, la giovane Carla sviluppa sin da bambina un desiderio di indipendenza, autonomia, emancipazione dalla famiglia: a soli 9 anni decide di frequentare il collegio Badia di Rivoli, dove resterà per tre anni, per poi iscriversi al liceo classico.
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