Ci piacerebbe dire che la felice convergenza di argomenti che unisce il Focus Palestina e la Bio(s)conosciuta di questo mese sia frutto di una profonda riflessione e scambio di vedute con le (f)autrici di Oriental Book Club. Potremmo certamente infiocchettare un ragionamento che a partire dalla marginalità delle scrittrici in generale - e di quelle di fantascienza in particolare - plani sull’infelicità del tempo presente, da cui per l’appunto spesso la fantascienza serve a fuggire verso mondi lontani, migliori. E invece plauderemo solo all’insperata coincidenza. Per parte nostra, infatti, abbiamo iniziato a leggere Octavia E. Butler per fuggire da una cronaca che si rivela ogni giorno più opprimente e incommentabile - e ci siamo ritrovate in un romanzo ambientato nel 2024. Ahia.
Considerato che “la fantascienza è un genere maschile” è un luogo comune duro a morire quasi più de “le donne non fanno ridere”, siamo andate alla ricerca di libri e approfondimenti sul tema e ne abbiamo trovata una messe davvero sterminata, che meriterebbe ben altro spazio che una breve introduzione di newsletter. La creazione di mondi, possibili e impossibili, di utopie più che di distopie, è sempre stata appannaggio delle donne. Quanto cozza questa considerazione con un presente in cui visionario è un aggettivo che si usa soprattutto in riferimento a tech bros turbocapitalistici? Cosa aspettiamo a riappropriarci della creazione?
Non avendo gli strumenti per aggiungere ulteriori riflessioni, appoggiamo qui i titoli di alcuni volumi che abbiamo letto e di altri che non abbiamo avuto il tempo di consultare ma che certamente recupereremo, per poter in futuro avviare una discussione veramente informata:
Femminismi futuri a cura di Lidia Curti e del suo gruppo di studio, Iacobelli 2019 (già citato in una precedente newsletter)
Fantascienza, un genere (femminile) di Laura Coci, Delos Digital 2023
Quando la fantascienza è donna di Eleonora Federici, Carocci 2016
l’antologia Le visionarie a cura di Ann & Jeff Vandermeer, Produzioni Nero 2018
Vi invitiamo a leggerli insieme a noi e a segnalarcene altri, se volete.
Da settembre 2023 l’Oriental Book Club si occupa di fantastico nella letteratura dal mondo arabo, persiano e dall’Asia. Fin dalla progettazione del piano editoriale dedicato alla lettura di volumi dell’immaginario si è palesata davanti a noi la difficoltà di reperire titoli dal mondo arabo, in traduzione italiana, che esplorassero l’immaginifico. Restringendo il campo alle sole autrici, l’impresa è diventata davvero ardua. Tuttavia questa tendenza non ci ha stupito più di tanto. La tendenza editoriale riguardante la selezione di titoli dal mondo arabo, e in particolare dalla Palestina, da proporre al pubblico italiano è incentrata sulla narrazione realistica e biografica, considerata (forse a torto) agli antipodi del fantastico e della fantascienza, come se per parlare del reale e dell’esperienza personale fosse necessario il marchio di veridicità.
Dall’altra parte però, come afferma Basma Ghalayini nell’introduzione di Palestina 2048 (Lorusso Editore, 2021)
Gli scrittori palestinesi si sono sentiti obbligati, oltre che ispirati, dalla Nakba. Hanno sentito il dovere culturale di rievocarla.
Forse per questa ragione il genere della fantascienza non è mai stato particolarmente amato dagli scrittori palestinesi, che l'hanno probabilmente considerato un lusso in cui non potevano permettersi di rifugiarsi. Il presente crudele e il passato traumatico hanno sempre avuto, sull'immaginazione degli scrittori palestinesi, una presa fin troppo salda, che non ha consentito loro di avventurarsi in fantastiche visioni di un possibile futuro.
Un altro motivo, che potrebbe spiegare la scarsa popolarità della fantascienza fra gli scrittori palestinesi, è il fatto che il romanzo di fantascienza non offra un'evoluzione scontata della situazione palestinese. Nella fantascienza classica le linee sono tracciate in modo semplice e veloce: l'opposizione morale del protagonista all'antagonista. Ma nella narrativa palestinese, l'idea di un "nemico" è, in gran parte, assente. Gli israeliani non sono presentati quasi mai
come individui o, se lo sono, raramente sono ritratti come “cattivi”.
Nonostante l’effettiva rarità di scrittori e scrittrici dediti a questo genere, in Italia sono arrivate due raccolte di racconti di fantascienza palestinese, dalle quali analizzeremo cinque racconti di altrettante scrittrici palestinesi e di origini palestinesi: Palestina 2048 racconti a un secolo dalla Nakba (Lorusso Editore, 2021) a cura di Basma Ghalayini, traduzione di Federisca Pistono e Arabilioso - Antologia di futurismo arabo (Future Fiction, 2024) a cura di Cristina Jurado e Francesco Verso, traduzione dall’arabo e dall’inglese di Roberta Loi.
OCTAVIA E. BUTLER (1947-2006)
“I didn’t make up the problems. All I did was look around at the problems we’re neglecting now and give them about 30 years to grow into full-fledged disasters.” (Octavia E. Butler)
“Il mondo impazzisce ogni trenta o quarant’anni. Il trucco è sopravvivere finché non torna sano di mente” (Octavia E. Butler, La parabola del seminatore)
2024, Los Angeles va a fuoco. Non sono gli esteri di un qualunque telegiornale dei mesi scorsi, ma è l’ambientazione di uno dei romanzi fantascientifici di Octavia E. Butler, uno dei più famosi a dire il vero, di certo uno dei più facilmente reperibili perché ripubblicato proprio nel 2024 da Sur con una nuova bellissima traduzione di Martina Testa. Lauren Oya Olamina, un’adolescente malata di “iperempatia”, sopravvive in un mondo sull’orlo del collasso, mentre elabora tutta una sua concezione filosofico-religiosa che a un certo punto diventerà la sua missione. La parabola del seminatore è stato scritto nel 1993 eppure la protagonista si muove in un mondo funestato dal cambiamento climatico in cui il presidente degli Stati Uniti promette di “rendere l’America di nuovo grande”: difficile non sentirsi gelare il sangue nelle vene.
Octavia E. Butler è stata una pioniera.
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