Mis(S)conosciute - La newsletter #20: Lalla Romano, Valeria Palumbo e Luce D'Eramo
Scrittrici (e altre cose) tra parentesi
Ciao!
Questa è la newsletter di Mis(S)conosciute - scrittrici tra parentesi: noi siamo Giulia Morelli, Maria Lucia Schito e Silvia Scognamiglio e in questo spazio parliamo di tutto ciò di cui secondo noi si parla ancora troppo poco e di tutte quelle tematiche sulle quali vorremmo porre l’accento e accendere riflessioni.
Ci trovi ogni mese nella tua casella mail, sul nostro blog e sui nostri social, soprattutto su Instagram. Se ti va, puoi anche offrirci un caffè su Ko-Fi, dove è disponibile anche il poster delle scrittrici del ‘900 italiano.
N.B: Da marzo 2022 i numeri della newsletter sono “ascoltabili” su Spreaker e su tutte le piattaforme!
Ps/Nota a margine: Visto che la vita corre - come sempre affiancata da 1000 incombenze - più veloce di noi, la newsletter in podcast non sta al passo con le uscite via mail: ma stiamo riguadagnando terreno!
Nel frattempo si possono ascoltare gli episodi da marzo ad oggi!
Poche righe per aprire questo numero autunnale della newsletter.
Quelle che servono a esprimere felicità e sconcerto.
Partiamo dalle cose belle:
Si rivive in diversi momenti della sua vita, fluttuanti uno sull'altro. Un tempo di una natura sconosciuta s'impadronisce della sua coscienza e del suo corpo, un tempo nel quale il passato e il presente si sovrappongono senza confondersi, dove le sembra di raggiungere fuggevolmente tutte le forme dell'essere che è stata.
Annie Ernaux - Gli anni
Felicità per la proclamazione del Nobel per la letteratura assegnato alla scrittrice francese Annie Ernaux. Prima autrice francese, diciassettesima donna dal 1901 ad oggi, l’Accademia di Svezia l’ha premiata “Per il coraggio e l'acutezza clinica con cui disvela le radici e le limitazioni collettive della memoria personale".
Non ci bastano le parole per dire quanto questo premio ad Ernaux in questo periodo storico sia una luce nel buio. Lei che ha fatto della sua vita una storia collettiva, che ha raccontato l’avvicendarsi delle epoche raccontandosi, si vede finalmente riconosciuto il merito che le spetta.
Una scrittrice intrinsecamente politica, naturalmente femminista: ma soprattutto, una de* più grandi.
Su di lei abbiamo scritto tanto e di sicuro non abbastanza: dato l’affollamento di questi giorni (dei cui picchi di interesse vi diamo conto nella sezione Miscellanea), vi rimandiamo alle prossime newsletter per altri approfondimenti, a mente fredda.
Nessuno si domandava quanto tempo sarebbe durato il divieto di abortire e di vivere insieme senza essere sposati. I segni dei cambiamenti collettivi non sono percepibili nella particolarità delle vite individuali, a parte forse nello scoramento e nella fatica che fanno pensare segretamente a migliaia di individui nello stesso tempo «non cambierà mai nulla».
Sconcerto per tante, troppe cose:
- Giorgia Meloni ha davvero vinto le elezioni, non era un’illusione collettiva;
- la minaccia concreta di una guerra nucleare la cui follia ci lascia senza le parole e i pensieri per capire perché non siamo in piazza a protestare in massa: è l’indifferenza? Siamo assuefatti dalle informazioni? Siamo esageratamente ripiegati su noi stessi e così concentrati sul nostro stretto perimetro di vita quotidiana (spesso faticosa, incasinata, stancante e affollata, non lo mettiamo in dubbio) da non riuscire ad allargare lo sguardo e posizionarci nel mondo?
Nel 1938 scriveva l’autrice e giornalista ceca Milena Jesenská:
La più grave malattia dell'individuo europeo è la facilità con cui si ritrae, non offre alcuna resistenza, si arrende e si uniforma “perché bisogna pur vivere!"
- Lo stesso ragionamento, o meglio le stesse domande possiamo porcele per quanto sta accadendo nelle ultime settimane (e negli ultimi decenni, se non secoli) in Iran: le rivolte in tutta la regione scatenate dalla morte della 22enne Mahsa Amini, arrestata e malmenata dalla polizia iraniana per una ciocca di capelli fuoriuscita dal velo mentre passeggiava.
A scendere in piazza e protestare, mettendo a rischio la propria vita, donne, ragazze, adolescenti, adulte, anziane, tutte senza velo, ragazzi, uomini: persone vissute per una vita intera (dal 1979) in un regime di oppressione, arrivate al culmine. La risposta del regime? Sparare sulla folla che protesta, dominare la ribellione. Altre morti, altre ragazze di 16, 17 anni uccise. Al centro di Teheran è apparso, nonostante tutto, uno striscione su un cartellone pubblicitario: “Non abbiamo più paura e combatteremo”.
Voi, car* abbonat* alla nostra newsletter, vi chiederete: “ma qui non si parlava di scrittrici e letteratura”? La risposta è sì, anche quando ci concentriamo su ciò che accade al di fuori dei libri. Perché la letteratura è una lente di ingrandimento potentissima sull’essere umano, sul mondo e la realtà percepite da chi scrive, su cui le autrici (e gli autori) che amiamo si concentrano per disvelarne storture e deviazioni, per trovare simboli e decifrarne il significato, per posizionarsi, attraverso parole attentamente soppesate, nel mondo o fuori da esso, perché l’immaginario è un universo vastissimo.
E con quelle parole le scrittrici ci aiutano a trovare chiavi di lettura e comprensione, spiragli di senso dai quali si possono intravedere possibilità, soluzioni, speranze utopiche, ma anche attuabili.
In un libro del 2003 Azar Nafisi, autrice iraniana, scrive:
Il mio soggiorno si trasformò per tutte noi nel regno della libertà più assoluta.
Un vero paese delle meraviglie. Sedute intorno al tavolino, coperto di mazzi di fiori, entravamo e uscivamo dai nostri romanzi. Guardandomi indietro, mi stupisco ancora di quanto abbiamo imparato, e senza nemmeno accorgercene. Nabokov lo aveva descritto, quello che ci sarebbe successo: avremmo scoperto come il banale ciottolo della vita quotidiana, se guardato attraverso l'occhio magico della letteratura, possa trasformarsi in pietra preziosa.
[…] Il nostro seminario […] era un tentativo di sottrarsi per qualche ora alla settimana allo sguardo del censore cieco. In quel soggiorno ci riscoprimmo esseri umani dotati di vita propria; e poco importava
quanto fosse diventato repressivo lo Stato, quanto ci sentissimo impaurite e intimidite; come Lolita tentavamo di fuggire e di creare un nostro piccolo spazio di libertà. E come Lolita sfruttavamo ogni occasione per esibire la nostra insubordinazione: lasciando spuntare una ciocca di capelli dal velo, insinuando un po' di colore nella smorta uniformità delle nostre divise, facendoci crescere le unghie, innamorandoci e ascoltando musica proibita. La nostra vita era governata dalla finzione. Cercavamo di vivere nelle crepe che si aprivano tra quella stanza, dove ci sentivamo protette come in un bozzolo, e il mondo del censore, popolato di streghe e spiriti maligni. Quale di questi mondi era più reale? A quale dei due appartenevamo davvero? Non lo sapevamo più. Forse, l'unico modo per scoprire la verità era proprio quello che avevamo scelto: metterli a confronto servendoci della fantasia, e affermare così il nostro punto di vista, la nostra identità.
Potremmo citare altre decine di brani tratti da Leggere Lolita a Teheran, quindi ecco un consiglio letterario spassionato: leggetelo.
CORSO DI PODCAST in collaborazione con PENELOPE STORY LAB [online]
La data di inizio del nostro corso di podcast online in collaborazione con la scuola di scrittura Penelope Story Lab è stata posticipata: per iscriversi c’è tempo fino al 12 ottobre incluso, giorno della prima lezione!
Il corso si articola in 5 lezioni online dal vivo - ma registrate e fruibili anche in differita - per dotarsi degli strumenti utili a scrivere e auto-produrre un podcast di argomento culturale. Il corso si rivolge a chiunque abbia un’idea di podcast da sviluppare ma non sa da dove partire e ha bisogno di conoscere gli strumenti, le modalità e le tecniche per poter auto-produrre e distribuire un podcast di argomento letterario e/o culturale.
Per avere più informazioni sull'iniziativa, per conoscere costi, tempistiche e modalità di iscrizione si può scrivere una mail a penelopestorylab@gmail.com o visitare lo shop sul sito di Penelope Story Lab!
[PARMA] Sabato 29 ottobre, 18h00 – CUBO: Presentazione del libro Elvira – incontro con l’autrice Flavia Amabile
Nell’ambito dell’esposizione FilmmakHER – mostra illustrata sulla cinematografia femminile organizzata da 24FPS – Obiettivo Cinema (tra le opere esposte ci sono anche i lavori della nostra Monica Lasagni!) presentiamo il libro di Flavia Amabile sulla pioniera del cinema italiano. Anzi, napoletano. Elvira Notari è stata la prima donna regista italiana, una personalità battagliera sconosciuta ai più come spesso accade quando si parla di cinematografia femminile delle origini. La penna di Flavia Amabile (scrittrice e giornalista de La Stampa) riporta alla luce la sua storia e tra sogni e speranze ci immerge nell’atmosfera di una Napoli di inizio Novecento, agli albori del cinema.
Uno spazio in cui una scrittrice ospite consiglia ai lettori di #missconosciute un’autrice da leggere: la sua autrice preferita, una scrittrice troppo poco nota, poco pubblicata, un libro poco conosciuto di un’autrice famosa o la scrittrice che secondo lei tutti dovrebbero leggere.
Valeria Palumbo legge Luce D’Eramo
Giornalista, storica delle donne, autrice teatrale e organizzatrice di eventi culturali, Valeria Palumbo è caporedattrice del settimanale Oggi (Rcs MediaGroup) e collabora con il Corriere della Sera e la Radio della Svizzera italiana. È stata caporedattrice centrale de L'Europeo e di Global Foreign Policy, ha lavorato per la Gazzetta dello Sport, il Corriere della Sera, Amica e Capital. È stata docente a contratto della Statale di Milano e dell'Università Carlo Bo di Urbino (2006-2021). Scrive saggi di storia delle donne dal 2003 (Prestami il volto, Selene, Premio Città delle donne). Tra gli ultimi: Piuttosto m’affogherei. Storia vertiginosa delle zitelle (Enciclopedia delle donne, 2018) e L’Epopea delle lunatiche. Storie di astronome ribelli (Hoepli, 2018). Del 2020, Non per me sola (Laterza). Del 2021, per Neri Pozza, La donna che osò amare sé stessa. Indagine sulla Contessa di Castiglione.
LUCE D’ERAMO
«L’alienità è diventata una mia seconda natura. Poiché sedevo in carrozzina, la gente mi guardava con disagio. Tutto quello che avevo imparato e capito non interessava nessuno. Per carità non sono una che si smonta facilmente, per fortuna – si fa per dire – ero stata nei lager per cui ero corazzata contro le avversità, ma in quegli anni il sentirmi ancora una diversa era una specie di disperazione».
Sono parole della scrittrice Luce D’Eramo, vero nome Lucette Mangione, nata a Reims il 17 giugno 1925, da genitori italiani e fascistissimi e morta a Roma, il 6 marzo 2001. Ci sono almeno tre motivi perché credo sia giusto parlarne a Mis(S)conosciute e sia il caso di rileggerla:
Deviazione, il suo romanzo “work in progress” (l’ha scritto e riscritto e aveva affrontato il tema già nei racconti, anche se come data di pubblicazione si indica il 1979), è forse il documento più lucido e impietoso sull’umanità nei lager nazisti. È totalmente privo di retorica, è addirittura ironico nonostante la consapevolezza della tragedia, e ha un approccio del tutto anti-eroico: agli autori maschi riesce difficile, anche ai migliori.
Due: finita in carrozzina proprio per un incidente avvenuto mentre era prigioniera in Germania e tentava di estrarre dalle macerie le vittime dei bombardamenti aerei, Luce ha riflettuto sulla “alienità” della condizione di disabile come, fino a quel momento, non aveva fatto nessuno.
Tre: ha creduto nella fantascienza, sfidando anche il disgusto rumoroso e maleducato di Alberto Moravia. E l’ha affrontata proprio per porre il tema: diversi da chi?
Io l’ho incrociata molto presto. Mio padre, che era un ingegnere elettronico, avrebbe voluto chiamarmi Luce (anche Ariel, ma, per entrambe le ipotesi, si scontrò con il sarcasmo di mia madre che, per quanto appassionata di Shakespeare, propose come alternative Dixan e Lampadina). Quando gliene chiesi la ragione, mi disse che era il nome di una delle due figlie di Giacomo Balla. Ma, soprattutto, era il nome di una scrittrice bravissima. Mi indicò Deviazione. In genere correvo all’assalto dei libri che mi consigliava. Ma non ricordo di averlo affrontato allora. Ed è stato un bene.
Deviazione (ultima edizione, Feltrinelli, 2012) è un libro terribile, feroce, adulto. Racconta la storia vera di una ragazza intelligente e indomabile, l’autrice appunto, che si fa chiudere volontariamente in un campo di lavoro forzato nazista per vedere se è davvero così disumano, che ci ritorna come detenuta, buttando i documenti che l’avrebbero messa in salvo, per non abbandonare i suoi compagni, che si adatta a tutti i trucchi di chi vuole sopravvivere, che rimane paralizzata, finisce perfino in manicomio. E quando torna a casa è ancora una ribelle. Ma ha capito tutto della vita, ovvero che possiamo solo farci domande.
Luce è rimasta una “deviante”.
Ma il romanzo che la scrittrice amava di più era Partiranno, del 1986 (edito da Mondadori: lo trovate usato). D’Eramo vi immagina che a Roma, verso la metà degli anni Sessanta del Novecento, atterrino extraterrestri provenienti dal pianeta di Nnoberavez. Sono quasi piccoli animaletti, in grado però di espandersi fino a dimensioni umane (pur continuando a pesare molto poco) o di contrarsi “in personcine”. In un primo momento se ne manifesta uno solo, alla zoologa Paola Rodi, che lo chiama Sonnolo, forse in omaggio a Walt Disney. Il suo vero nome è però Nacolden. A lui si aggiungono altri due, Tereaz ed Eonai. I tre esseri sono molto incuriositi dagli umani. Noi lettori lo veniamo a sapere dal diario di Rodi, che copre circa vent'anni. A un certo punto la zoologa si rende conto che la loro gentilezza li espone a molti pericoli: sono gli umani, al tempo stesso feroci e intriganti, a metterli a rischio. La storia vira qui in una vicenda di spionaggio e quindi non rivelo come va a finire. Il senso è che il concetto di “diversità” non è solo discutibile, ma rivela l’inesauribile arroganza dei cosiddetti “normali” (maschi, bianchi, etero, occidentali, benestanti, senza troppi scrupoli morali, politicamente indifferenti, etc etc).
Lo spiegava lei stessa nel libretto Io sono un’aliena (Edizioni Lavoro, 1999, si trova solo usato o in biblioteca), per chiarire perché avesse scritto Partiranno:
«Per me c’era troppa fantascienza razzista, per la quale l’alieno era sempre un orrido mostro che gli umani dovevano annientare. D’altra parte, gli alieni più “ragionevoli” spesso non erano veramente dei diversi: troppo riconoscibili a prima vista… e gli umani non avevano quasi difficoltà a comunicare con loro che, guarda caso, erano regolarmente dotati di facoltà telepatiche. Troppo comodo, che diamine, tanto più se si pensa che noi umani fatichiamo come dannati a capirci tra noi, a districarci nei meandri di sotterfugi e intrighi, di violenze e sopraffazioni che rendono così conflittuali i nostri rapporti collettivi…».
D’Eramo è sepolta al cimitero acattolico di Roma, dove non a caso riposano alcune delle personalità più interessanti della cultura moderna e contemporanea, morte in Italia. Da Deviazione, che fu tradotto pure in giapponese, Carlo Lizzani trasse un film nel 1984. Sul web non se ne trova neanche una clip. Ma su Youtube si incontrano quattro minuti di un’intervista illuminante a Luce, intitolata “I miei ideali” in cui, con una modestia e lucidità disarmanti, D’Eramo spiega che non esistono modelli rigidi:
«Chi ha lottato per la libertà e la giustizia non ci dice come possiamo lottare noi. Ci dice che è possibile farlo, che è sempre possibile ritentare da capo».
Seguendo questo filo mi vengono in mente diverse autrici che mi piacerebbe suggerire e che hanno coltivato il diritto al dubbio e all’errore come principio fondamentale di vita e di pensiero (tollerante).
La scelta, da Marina Cvetaeva a Simone Weil, è davvero difficile e quindi mi limiterei a suggerirvi i libri di una scrittrice che, per fortuna, è viva e vegeta e, almeno in Spagna, gode della fama che merita: Rosa Montero. Mi piace perché è onesta e la sua onestà (affronta spesso il tema delle bugie) è disarmante. Mi piace perché non è mai dogmatica. Perché parla del dolore senza filtri. Leggete, per esempio, La ridicola idea di non vederti più. La storia di Marie Curie e la mia (Ponte alle Grazie, 2019) che, in teoria, è una biografia di Marie Curie, ma in realtà è una riflessione su come si elabora un lutto insopportabile. O seguitela nella rubrica che ha sul quotidiano El País.
Nel suo ultimo libro, su come funziona il cervello di creativi e disabili, El peligro de estar cuerda, Il pericolo di essere sana di mente (Seix Barral), ha scritto:
«Diventi adulta e un giorno, all’improvviso, ti rendi conto che ciò in cui ha creduto fermamente da bambina era falso o stupido. La vita è una costante riscrittura del nostro ieri. Una decostruzione dell’infanzia. Una delle cose belle che ho scoperto con gli anni è che essere singolare (“raro”, in spagnolo, ndr) non è affatto singolare, al contrario di quanto la parola suggerisca. Di fatto, ciò che è davvero singolare è essere normale».
Riflessioni a mano libera, senza margini, sull'essere donna, madre, sorella, figlia, compagna, vicina di casa. E sull'avere un corpo e una mente, riuscendo ad utilizzare entrambi con moderata disinvoltura.
Gravidanza, maternità e altri miti - PARTE II
(LA PARTE I SI PUỜ LEGGERE QUI)
di Lidia Leta
E invece no. La mitologia che accompagna e avvolge la maternità ti lusinga e ti blandisce, convincendoti che dimenticherai paura, dolore, tutto. Ma non è vero, ed è ora di dire le cose come stanno.
Sei incinta, nel senso che non aspetti l’arrivo miracoloso di una creatura angelica, che planerà tra le tue braccia mentre nell’aere si spande profumo di fiori freschi e musica sinfonica.
No, una piccola PERSONA sta crescendo dentro di te: il tuo utero si espande arrivando, a fine gravidanza, a raddoppiare (qualche volta triplicare) le sue dimensioni iniziali, creando una specie di rave party tra i tuoi organi interni, che iniziano a spostarsi e a comprimersi per lasciare spazio alla nuova tracotanza del collega del piano di sotto.
Praticamente qualunque valore misurabile del tuo sangue viene stravolto, rendendoti vulnerabile a sbalzi di pressione, glicemia impazzita, diabete gestazionale, tiroiditi galoppanti e chi più ne ha più ne metta; la tua pancia inizia a crescere e la tua pelle si deve adeguare, lasciando spazio a più o meno piccole striature rossastre che colorano di nero il tuo umore e d’oro i conti in banca di farmacie e aziende produttrici di creme anti-smagliature; è molto probabile che praticamente ogni singolo centimetro della tua epidermide, specie in prossimità della pancia in crescita, inizi a prudere, tantissimo, senza darti tregua mai, men che meno durante la notte (INSONNIA, fai pace con questa parola); hai mal di testa, dolori da ciclo altalenanti, forse anche qualche perdita, e passi le giornate a temere che qualcosa possa andare storto – perché sono tante le cose che possono andare storte ed è importante che tu lo sappia, per rispettare tutti i controlli previsti, non saltare neanche un prelievo di sangue, non sottovalutare una curva glicemica e valutare con attenzione il rapporto rischi/benefici di una villocentesi, per sapere come ascoltare il tuo corpo e i tanti messaggi che ti invia senza essere spesso ascoltato nel modo giusto.
Insomma, per poter affrontare la gravidanza come il periodo intenso, delicato, difficile, polivalente e fisico che è.
Ti senti stanca, gonfia, sgradevole in ogni senso possibile e, quasi certamente, lo sei. Magari anche radiosa – per carità, non lo escludo – ma anche tutte quelle cose che ti devastano mente e corpo. Fidati.
I tuoi interessi cambiano radicalmente. Non voglio dire che stai per perdere completamente il senno e che il tuo cervello andrà in pappa, soffocato da ormoni e angosce. Voglio dire che, con estrema naturalezza, finirai col padroneggiare argomenti che fino a quel momento erano totalmente estranei ai tuoi pensieri e al tuo eloquio. Così, tra un articolo sull’importanza della lunghezza del femore del feto e uno spietato confronto tra costosissimi trio (per i profani: il trio è il set composto da navicella, ovetto e passeggino, con base unica, ilcui sudato acquisto avverrà dopo mesi di ricerche, prima della nascita del pargolo), ti ritroverai a misurare l’attuale ingombro della creatura che ti cresce in grembo paragonandola a frutti di ogni genere e sorta, a chiederti a cosa non stai pensando di fondamentale e immancabile prima della sua nascita, a valutare l’acquisto dei più disparati manuali che ti aiutino a dominare una materia francamente ingestibile.
Può darsi che tutte le paure e le ansie che ti attanagliano siano effettivamente passeggere, destinate a scomparire (notizia flash: non passano, ma cambiano, evolvono, danno vita a nuove ansie e paure che progrediranno con te e col tuo erede mentre inevitabilmente scoprirai il favoloso – sì, sono ironica – universo delle tappe psicomotorie che, con una buona dose di probabilità, controllerai ogni mese per assicurarti che l’erede di cui sopra faccia tutto nei tempi previsti, magari anche prima, soprattutto rispetto al figlio genio della tua amica stronza).
Ma è assai più probabile che tutte quelle ansie e quelle paure siano permanenti perché ragionevoli, sacrosante: stai affrontando una gestazione lunga nove mesi con un corpo del quale fino a qualche mese fa ti meravigliavi persino riuscisse ad alzarsi dal letto ad un’ora decente (tipo le 10) il sabato mattina, ogni settimana che passa ti avvicina sempre di più al fatidico momento del parto nel quale ogni più recondito mistero femminile ti sarà svelato ed entrerai finalmente a far parte del club di quelle che ci sono passate (e che quindi non dicono: sospirano, e ti guardano come una poveraccia che ancora della vita non sa niente), stai per mettere al mondo (letteralmente) un nuovo essere umano del quale sarai completamente responsabile per i prossimi 20 - facciamo 35 – anni, diventando a tutti gli effetti il sospettato numero uno di ogni suo trauma emotivo e fisico di là da venire, e quindi no, se te la stai facendo sotto, non sei pazza: sei sensata.
Soprattutto NON DIMENTICHERAI UN BEL NIENTE. Non dimenticherai l’eccitazione degli attimi precedenti al parto; non dimenticherai il dolore che ti attraversa e ti squarcia; non dimenticherai la sensazione di sentire sgusciare via dal tuo corpo quella vita che improvvisamente non sei più tu con lei dentro, senza confini di carne e sentimenti, ma una persona a sé, con un suo viso imbronciato, una sua voce, una sua volontà già incredibilmente forte; non dimenticherai l’odore della sala operatoria e neanche quello del sangue; non dimenticherai le facce dei dottori e delle ostetriche, non dimenticherai le loro parole di incoraggiamento né tantomeno gli atteggiamenti meno gentili, che ci saranno, perché no, non sarai trattata come una principessa perché tra le tue gambe sta concretizzandosi – in modo poco poetico e molto fisiologico – il miracolo della vita.
Anzi. Tantissime donne sono state al tuo posto prima e tante altre verranno dopo di te: la mitologia che avvolge gravidanza e maternità ti ha contagiato, dandoti l’illusione di essere qualcosa di più di una degente ospedaliera qualunque, ma non lo sei. Sei una delle tante, che sta compiendo forse il suo miracolo personale, ma senza fragorosi applausi, senza particolari coinvolgimenti emotivi da parte di chi partorienti ne ha viste migliaia e migliaia… sei sola, ancora più sola adesso, perché la vita che avevi dentro di te è uscita alla luce, fuori dal nido del tuo corpo, e pretende giustamente che tu te ne prenda cura, imparando a fare e ad essere talmente tante cose diverse dalla te che eri prima di tutto questo gran casino che all’improvviso capisci perché qualche volta hai sentito associare il parto alla parola “trauma”.
Non è solo il dolore, il trauma, perché in effetti il dolore passa.
Il vero trauma è la dissociazione da te stessa alla quale assisti inerme scoprendoti altre persone, scoprendo di saper fare cose che mai avresti immaginato di fare o di voler fare e che impari ad inglobare nella tua routine quotidiana con fatica, privazione del sonno e una capacità di devozione nei confronti di un altro essere vivente che non pensavi ti appartenesse.
Non c’è la naturalezza di cui molte mamme senior ti hanno parlato: lo spirito materno non scende dal cielo, illuminandoti di beata consapevolezza e capacità crescenti a livello esponenziale. Lo spirito materno, se così lo vogliamo chiamare, è uno sforzo unilaterale al compromesso, al sacrificio continuo, alla convivenza forzata con l’ansia e la paura di non essere all’altezza.
Diventare madre non è un momento di magica trasformazione, da comune essere vivente di sesso femminile a supereroina dai sensi potenziati e le capacità espanse: una sorta di Clark Kent in gonnella (?!?) che entrando nella cabina telefonica (aka sala parto) ne esce Superman (Supermam… pardon, pessima battuta). Diventare madre è un processo che richiede il pagamento di un prezzo molto alto, un prezzo da saldare in termini di sacrificio della propria volontà personale, di ridimensionamento radicale delle relazioni con altri esseri umani, incluso il partner in crime nella procreazione, l’annullamento – specie nei primi mesi dal parto, ma ovviamente la durata è variabile in base alla persona – del sé, quantomeno del sé conosciuto fino a quel fatidico momento. Quindi salutati, mia cara, perché ne passerà di tempo prima di rivederti.
LALLA ROMANO
“Per me scrivere è stato sempre cogliere, dal tessuto fitto e complesso della vita qualche immagine, dal rumore del mondo qualche nota, e circondarle di silenzio.“
Lalla Romano - Nei mari estremi
L’11 novembre 1906 nasce a Demonte, tra le montagne della provincia di Cuneo, la scrittrice e artista Lalla (Graziella) Romano. Cresce in un’antica famiglia della borghesia piemontese, ricca di stimoli culturali, artistici e letterari.
La giovane Lalla compie studi classici e nel 1924 si iscrive alla facoltà di lettere all’università di Torino. E’ una ragazza ricca di interessi e passioni: ama la montagna, la pittura e sin da giovanissima si cimenta come pittrice, con influenze impressioniste grazie anche ai viaggi che compie durante gli anni universitari a Parigi. Scrive poesie di tanto in tanto, mentre la prosa non è nei suoi programmi artistici.
All’università conosce Cesare Pavese, Mario Soldati (tra i tanti) e approfondisce le sue passioni: l’arte, la letteratura e la filosofia, materie per le quali incontra sulla sua strada dei professori che orientano la sua futura attività intellettuale e artistica. Si dedica alla pittura, frequentando – su consiglio del suo maestro Lionello Venturi – la scuola di Felice Casorati.
Dopo gli studi intraprende la carriera dell’insegnamento, inizia a esporre le sue opere e nel 1932 sposa Innocenzo Monti, futuro presidente della Banca Commerciale Italiana.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale con il figlio Pietro si trasferisce a Cuneo dalla famiglia. Qui sposa la causa del movimento politico “Giustizia e libertà” ed è parte attiva della Resistenza impegnandosi nei “gruppi di difesa delle donne”.
Dopo la guerra, alla metà degli anni ‘70 vive una breve esperienza politica come consigliere comunale di Milano nelle liste del PCI, ma nel giro di un anno abbandona l’incarico: “Ho aderito soltanto per quello che riguarda l’amministrazione, e perché ero stata invitata. Non mi sono mai rifiutata, per quel poco che ho potuto dare; del resto ero inadatta e ho lasciato presto l’incarico. Ma l’ho fatto perché conservo la convinzione che sono da combattere le risorgenze fasciste”.
Nell’immediato dopoguerra si trasferisce con il marito e il figlio a Milano, che non lascerà più. Nel 1951 vanno a vivere in una casa in via Brera, affacciata su una grande magnolia, che sarà la dimora dell’autrice per tutta la vita. A Milano per più di 10 anni insegna lettere in una scuola media: insegna loro, soprattutto, ad amare la lettura e ad esprimere i propri conflitti interiori nella scrittura. Il rapporto con Pietro diventa sempre più conflittuale e difficile: è un ragazzo ribelle, irrequieto, violento e complicato e parte di questa difficile relazione sarà materia dei romanzi e degli scritti di Romano. “A Milano, dopo la guerra, ebbi un periodo difficilissimo: insegnavo, dovevo correggere i compiti, far studiare il figlio mentre caricava e scaricava una rivoltella, fare i lavori domestici, e tutto in cucina, magari con la radio accesa. Eppure, anche allora che la mia attività pareva compromessa, scrivevo i miei libri ugualmente...”
La città e il fermento culturale vivo e palpabile nel dopoguerra, permette alla scrittrice di entrare nel mondo intellettuale dell’epoca, ritrova l’amico Eugenio Montale e attraverso gli incontri del “Lunedì” di Alberto Mondadori incontra, tra gli altri, Elio Vittorino e Carlo Bo.
“Nella vita sono importanti gli incontri che abbiamo avuto: certo, li rimpiangiamo, ma l’importante è che ci siano stati.”
Incoraggiata da Eugenio Montale, nel 1941 esordisce come poetessa con la raccolta di versi Fiore, pubblicata da Frassinelli dopo un rifiuto di Einaudi: all’editore Lalla Romano inviò il libro fresco di stampa accompagnato dalla nota “A chi non ha voluto stampare questo libro".
Il passaggio della sua ispirazione artistica verso la narrativa e la prosa avviene grazie a un lavoro “di passaggio”, la traduzione in italiano dei Trois Contes di Flaubert di cui si occupa su richiesta di Cesare Pavese.
«Dovevo a Flaubert il mio passaggio dalla pittura alla narrativa. “Un cuore semplice” per me era stato decisivo, la fine del pregiudizio che nutrivo verso il romanzo».
Nel 1947 il trasferimento a Milano coincide con la decisione di dedicarsi completamente alla letteratura, abbandonando i pennelli e concentrandosi sulla scrittura: uno strumento per lavorare sulla memoria, sui ricordi, sul passato e sulle esperienze personali, senza però intraprendere un percorso autobiografico ma dando voce e vita a storie che dall’esperienza del singolo potessero essere recepite come universali. Lo sguardo artistico che filtra la realtà attraverso le immagini, però, resta una sua cifra stilistica anche nella scrittura: «In realtà io dipingo sempre mentre guardo: allo stesso modo scrivo sempre. Così sono vissuta, così vivo»
Pubblica il primo libro in prosa Le metamorfosi, nel 1951, seguito da Maria (1953) e da una lunga serie di romanzi e racconti: Tetto Murato (1957), La penombra che abbiamo attraversato (1964), Le parole tra noi leggere (1969), L’ospite (1973), Una giovinezza inventata (1979), Inseparabile (1981), Nei mari estremi (1987). Le parole tra noi leggere la rende nota al grande pubblico e le fa vincere il premio Strega nel 1969.
All’origine è il desiderio di fermare – come quando si vuole issare con un disegno un oggetto, un viso – qualcosa che non sarà più deperibile se non nella materia (carta, legno, marmo, ecc.)», mentre lo scopo ultimo è quello di «conservare (salvare) per la memoria, che è la ricchezza dell’umanità
La sua scrittura, limpida e precisa, è spesso una mescolanza di elementi autobiografici e rielaborazione immaginata, tra ricordi personali e storia collettiva. La sua narrazione si fa filtro dell’esistenza quotidiana, alla continua ricerca della verità. I temi principali delle sue opere sono la memoria, il legame tra vita e letteratura, i rapporti interpersonali e la crescita personale.
«Si può dire del pittore, come del poeta, che egli è interprete di sé e del mondo»
Scrittrice infaticabile, ha continuato a farlo fino agli ultimi anni, nonostante la cecità progressiva.
Muore a Milano a 94 anni, il 26 giugno 2001.
il silenzio è quello che dà valore alle poche parole che emergono da questo silenzio. È il neutro necessario al sorgere della musica, delle affermazioni. Il silenzio non è la mancanza di suoni: è un po’ come si dice per il bianco che è tutti i colori. Il silenzio è tutti i suoni. Ma come il bianco ci riposa e ci illumina, così il silenzio contiene tutte le musiche. Ma è anche la necessità che dà valore ai suoni. Alla musica stessa.
Lalla Romano - L’eterno presente
Una lezione televisiva del 1974 di LALLA ROMANO SU VIRGINIA WOOLF, ospite della trasmissione Settimo giorno condotta da Enzo Siciliano.
FOCUS ERNAUX
ERNAUX DAL VIVO
Martedì 25 ottobre alle 18 nella Piazza coperta della Biblioteca Salaborsa di Bologna, Annie Ernaux, la scrittrice francese Premio Nobel per la Letteratura 2022 sarà tra le ospiti della XV edizione di Archivio Aperto.
ERNAUX DA LEGGERE
L’intervista all’autrice a cura di Sara Manuela Cacioppo e Ivana Margarese per Morel - Voci dall’Isola
Una recensione/analisi del testo L’usage de la photo di Annie Ernaux e Marc Marie, un testo che raccoglie 14 fotografie scattate tra il 6 marzo 2003 e il 7 gennaio 2004 dalla coppia Annie - Marc, che raccontano una relazione, quella tra i due autori, che ognuno a modo proprio commenta attraverso l’immagine e ciò che cela.
Un commento di Gilda Policastro in occasione dell’uscita della traduzione italiana di Memoria di ragazza nel 2018.
L’intervista rilasciata da Ernaux a Le Monde nel 2006 subito dopo la pubblicazione di « Mémoire de fille »:
“Non sarei arrivata lì se…. Se mia madre! E senza alcuna esitazione! è stata fondamentale. Per la sua personalità, per la sua forza, per il suo sguardo sul mondo, soprattutto sul mondo sociale. Tutto questo mi ha portato lì e anche nella rivolta. Voleva tracciare il mio destino: ne è ampiamente responsabile.”
ERNAUX DA VEDERE
Nel 2021 il film tratto da L’Événement ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia. In questo periodo è recuperabile su Sky e Now (e con mezzi meno leciti, naturalmente) e ne consigliamo vivamente la visione, nonostante la traduzione infelice del titolo: La scelta di Anne.
È in arrivo anche un altro titolo legato all’autrice francese: con i filmini girati dal marito Philippe in Super 8 dal 1972, lei e il figlio hanno costruito una specie di documentario, Gli anni del Super 8. Come nello stile di Ernaux, il privato si fa racconto di mezzo secolo di storia, attraverso le vacanze della famiglia nel Cile di Allende, in Albania e in altri luoghi particolari. Il film sarà proiettato alla Festa del Cinema di Roma il 22 ottobre e il 24 al cinema Lumière a Bologna. Se siete in Francia Les Annees Super 8 si può guardare qui.
Un montato di varie interviste rilasciate negli anni da Ernaux a trasmissioni tv francesi.
ERNAUX DA ASCOLTARE
Una puntata de La musica tra le righe, programma del sabato di Radio3, in cui Paola De Angelis racconta la colonna sonora contenuta nelle pagine de Gli anni.
DA LEGGERE
Rossana Rossanda. Una rivoluzione che comincia dalle parole della politica: l’articolo di Lea Melandri pubblicato su Il Riformista il 21 settembre 2022 in occasione dell’anniversario della morte della scrittrice e giornalista Rossana Rossanda.
Machista e materna. Ecco perché Meloni piace a uomini e donne: sempre Lea Melandri, sempre sul Riformista, due giorni prima che Giorgia Meloni vincesse le elezioni.
Un saggio/analisi della scrittrice Annie Proulx su clima, ecologia e futuro.
Anna Toscano traccia un bellissimo ritratto di Magda Szabò, scrittrice ungherese, in occasione del centenario della nascita dell’autrice, caduto nel 2017.
Una conversazione tra Marguerite Duras e Francis Bacon avvenuta il 23 ottobre 1971, tre giorni prima dell’inaugurazione della grande retrospettiva che il Grand Palais dedica a Francis Bacon: il giorno dopo, il 24 ottobre, in una camera dell’Hôtel des Saint-Pères, Bacon trova morto per un’overdose di alcol e barbiturici il suo compagno George Dyer.
Eleonora Santamaria racconta su il Tascabile dell’eterno inseguimento tra piacere e politica in Un été comme ça di Denis Coté, un film su tre donne ipersessuali.
Una guida sui testi da leggere per scoprire e conoscere l’autrice americana di libri per bambini e ragazzi Judy Blume.
DA ASCOLTARE
The great women artists: da Katy Hessel, l’autrice di History of art without men, un podcast che libera dalle parentesi… ah no, ma quasi. Un podcast in cui artiste, curatrici, critiche d’arte, scrittrici e in generale amanti dell’arte raccontano le loro artiste preferite. È appena iniziata l’ottava stagione e l’ospite d’onore è Tracey Emin!
DA VEDERE
Un’animazione in cui con l’intelligenza artificiale una danzatrice è trasformata in un corvo, un pezzo di inquietante bellezza in un setting post-apocalittico.
Per restare in tema Iran, su Mubi il film (non di animazione) di Pollo alle prugne, della fumettista e regista iraniana Marjane Satrapi (qualche newsletter fa parlammo di Persepolis, un altro dei suoi capolavori).
Se vuoi segnalarci autrici da scoprire, se vuoi dare il tuo contributo a questa newsletter e consigliarci eventi, libri, letture, film, podcast, o anche solo dirci “ciao” rispondi a questa mail oppure scrivici a missconosciute@gmail.com! Saremo felici di conoscerti!
Per non perderti niente di ciò che facciamo, puoi seguirci su Instagram e Facebook
Puoi ascoltare il nostro podcast su tutte le piattaforme audio (Spreaker, Spotify, iTunes)
Se ti va, puoi offrirci un caffè qui. :) P.S.: Nello shop sono ancora disponibili alcuni calendari e le shopper! Scopri come averle cliccando qui!)
Nel 2022 siamo diventate un’associazione di promozione sociale: se vuoi sostenerci e aiutarci a crescere e a mantenere vivo il nostro slancio, puoi devolvere il 5x1000 della tua dichiarazione dei redditi a nostro favore, firmando e indicando il codice fiscale di MIS(S)CONOSCIUTE APS: 96 49 32 80 588.
Se vuoi fare una donazione all’APS a questo link trovi tutte le info!
Se non vedi la newsletter…
… controlla la casella spam e contrassegna questo indirizzo email come sicuro. Se la newsletter non è in spam, probabilmente è nella tab “promozioni” della tua casella mail.
Se hai perso le newsletter precedenti, trovi tutto sul sito.
Grazie ancora e, se ti va, condividi il nostro progetto con chi vuoi :)